Monastero e la chiesa vescovile di Arges
Il Monastero con la chiesa vescovile di Arges sono invece più conosciute e più visitate che la piccola chiesa di San Nicola. L’insieme comprende la cattedrale episcopale, uno dei monumenti architettonici più famosi della Valacchia, la nuova cattedrale e il palazzo vescovile con la cappella/paraclis, dove si trovano le reliquie. La cattedrale è inclusa nell’elenco dei monumenti storici in Romania.
La chiesa fu iniziata dal principe Neagoe Basarab (1512-1521) nel 1514 probabilmente sul vecchio insediamento della Metropolia di Valacchia (1438) costruita da Vlad Dracul, il padre di Vlad Tepes/Vlad l’Impalatore. La costruzione durò tre anni fino nel 1517 e fu realizzata da un costruttore chiamato Manole din Niaesia, di origine armena, che il principe aveva conosciuto durante i suoi studi in Italia e a Costantinopoli. Neagoe non riuscì a vedere la sua chiesa affrescata, anche se la sua Signora, Despina aveva venduto i suoi gioielli per pagare i lavori.
I primi affrescati risalgono al regno di Radu de la Afumati (1522-1529), il genero di Neagoe che riprese i lavori per concluderli nel 1526 quando la chiesa fu consacrata. Gli affreschi furono realizzati da Dobromir di Targoviste che aveva realizzato anche gli affreschi del monastero Dealu.
Nel 1611 l’esercito di Gabriel Bathory, re magiaro della Transilvania, distrugge la chiesa che fu restaurata da Matei Basarab. Paolo da Aleppo, il famoso viaggiatore, nel 1654, descriveva il monastero come “una delle meraviglie del mondo”. Nel 1682 sono intrapresi altri restauri dal principe Serban Cantacuzino.
Nel 1739 diventa per un breve periodo sede vescovile di Arges fino nel 1748.
Durante il regno di Carol I, la cattedrale fu trasformata in necropoli per la famiglia reale romena. Oltre alle tombe reali, al Monastero di Curtea de Argeș sono state spostate anche le reliquie di Santa Filofteia, dalla chiesa di San Nicola.
Se nel 1857 il complesso monastico fu conservato nella sua interezza, due incendi del 1866 e del 1867 distrussero gli edifici del seminario, le abitazioni, la cappella e la torre d’ingresso. Su iniziativa di Carlo I, la chiesa fu restaurata nel 1875 dall’architetto francese Lecomte du Noüy, discepolo di Eugène Viollet-le-Duc, che apportò anche alcune modifiche che diminuirono il valore storico del monumento. Sopra l’ingresso in una nicchia si trova un mosaico firmato dall’architetto Lecomte du Noüy nel 1885, quando la chiesa fu restaurata. L’architetto decise la sostituzione dell’affresco originale con un nuovo dipinto e altre modifiche radicali alla struttura interna. Gli affreschi di Dobromir si trovano nel Museo delle Belle arti a Bucarest, ma sono solo il 5% dell’intera pittura.
La chiesa fu nuovamente consacrata nel 1886.
Costruita in pietra sfaccettata e profilata, la chiesa ha una pianta triconca, ispirata alla pianta della chiesa Vodita, ripresa successivamente in altre costruzioni come la chiesa Metropolitana di Bucarest, la chiesa dell’ex monastero Cotroceni e il monastero Tismana.
L’iconostasi fu realizzata in bronzo dorato e onice, le icone sono in mosaico. Sono caratteristiche le 12 colonne riccamente decorate con ornamenti floreali, rappresentando i 12 apostoli. L’antica iconostasi fatta installare dal principe Serban Cantacuzino (1678-1688) si trova adesso nel museo del monastero. L’iconostasi originale è bruciata.
Il quadro votivo di Neagoe Basarab è lavorato in olio essendo la copia di quello conservato presso il Museo delle Belle Arti di Bucarest e rappresenta Neagoe Basarab con Despina e i loro sei figli, 3 maschi e 3 femmine, che presentano la miniatura della chiesa alla Vergine con Gesù bambino, per essere consacrata. Ci sono inoltre i quadri votivi di Radu de la Afumati con la figlia di Neagoe, Roxanda, i fondatori della chiesa con la sua miniatura in mano, ma anche i due re e le due regine. L’iconografia realizzata nel XIX non rispetta quella originale, anche se all’epoca sono stati realizzati molti rilievi.
Davanti alla chiesa sotto un baldacchino quadrato a cupola, realizzato come un merletto in pietra, si trova l’acquasantiera. La cupola presenta degli archi di pizzo ed è sorretta da quattro colonne, lavorate in marmo di varie tonalità e adornate di disegni. La costruzione originale di fattura orientale è del 1516 e somiglia alle fontane delle moschee.
La superficie delle mura esterne sono divise in due registri con una corda intrecciata in trefoli. Le facciate sono decorate a rilievo piatto con motivi caucasici e islamici. Nella parte bassa c’è una serie di pannelli rettangolari, in cui sono fissate le finestre. Nella parte alta invece ci sono dei piccoli dischi circolari sovrastati da colombe che portano nel becco una campanellina.
Sopra il nartece ci sono due piccole torri che danno l’impressione con la loro torsione che cadano l’una sull’altra e che siano avvitate verso il cielo. Il resto della chiesa e l’altare – con absidi a forma di croce – sorreggono anche un’alta torre, il cui collegamento con il resto dell’insieme è costituito da volte, dando vita a un insieme architettonico di impareggiabile snellezza.
L’ingresso presenta 12 gradini prima di raggiungere la cornice del portale applicato. Durante il restauro, i motivi utilizzati e il modo di intagliare la pietra hanno mirato a riprodurre più fedelmente possibile l’originale, l’antica decorazione della costruzione di Neagoe Basarab.
Sul lato meridionale della chiesa nella zona poligonale dell’abside si trova un’iscrizione che vorrebbe confermare la leggenda del mastro muratore Manole che dovete sacrificare sua moglie, murandola, per poter finire la costruzione della chiesa. La moglie di Manole, Anna, la sorella di latte del principe Neagoe Basarab è realmente esistita. La costruzione è durata così a lungo, tre anni, perché i muratori invidiosi sabotavano il lavoro di Manole. Anna fu ammazzata durante una rissa con questi muratori che la murarono. Ma non si trova nel posto, dove tutti credono che sia il suo sangue affiorato e dove l’iscrizione, tradotta, parla di donazioni più recenti. La legenda parla anche di una sorgente che si formò nel punto d’impatto della caduta di Manole, dal tetto. In realtà la leggenda racconta del sacrificio che i muratori dovevano subire nel medioevo, per mano dei loro committenti che toglievano le impalcature per non permettere ai muratori di costruire altre chiese più belle. Si dice che le vallate intorno a Arges portano i nomi dei muratori della squadra di Manole, che sono volati dal tetto con ali costruite con scandole di legno.
Le tombe che si trovano qui sono dei principi regnanti valacchi: Neagoe Basarab con la sua Signora Despina, Radu de la Afumati e le tombe della famiglia reale: Carol I, Ferdinand (1914-1927) e delle regine Elisabeta e Maria. Le tombe del Re Michele (1927-1930;1940-1947), che ha abdicato nel 1947 e di Anna de Borbone Parma, sua moglie, si trovano invece nella nuova cattedrale la cui costruzione è iniziata nel 2009 e si è conclusa nel 2018, che si trova fuori dall’incinta del monastero. Nel parco del monastero si trova una piccola cappella con la tomba del Re Carol II (1930-1940), che morì in Portogallo nel 1953 e le cui spoglie furono portate a Curtea de Arges nel 2003, da Escoril. Tra la chiesa e il monastero ci sono due piccoli edifici che fungevano da camera di guardia quando il re si trovava qui. Una delle due fu adibita a piccola cappella mortuaria in attesa che il corpo fosse spostano nella nuova cattedrale. L’unica regina che non si trova a Curtea de Arges è la regina Elena, madre di Mihai che visse 30 anni nella Villa Sparta a Fiesole e mori a Losanna nel 1977 dove fu seppellita.
Le pietre tombali dei due re, Carol I e Ferdinand furono realizzate nel 1927 da Oscar Spaethe, che fu anche il creatore della scultura in bronzo della regina Elisabetta a Peles che si trova nel parco del castello. La pietra tombale della regina Maria fu posata solo nel 1990 da sua figlia Ileana, diventata suora Alessandra in America, in esilio. La Regina Maria morì nel 1938 a Sinaia all’età di 63 anni.
Alle spalle della chiesa si trova il complesso monastico costruito nel 1885 da Andre Lecomte de Nouy con il Paraclis (cappella), dove si trovano le reliquie di Santa Filofteia. Filofteia aveva 12 anni quando suo padre la ammazzo perché dava da mangiare a dei mendicanti. Sua madre era di origine valacca oppure aromena e viveva a Veliko Tarnovo in territorio bulgaro. Si dice che il corpo era diventato così pesante da non poterlo spostare. Hanno potuto muoverlo solo dopo che, durante le messe, dicendo dei nomi di monasteri, hanno detto quello di Curtea de Arges.
La costruzione dell’edificio disposto simmetricamente rispetto alla cappella, iniziò un anno dopo il completamento di quest’ultima e durò quattro anni tra il 1886 e il 1890. La costruzione fu fatta dallo stesso Andre Lecompte de Nouy su suggerimento del Re Carol I, che lo desiderava come residenza reale. Fu realizzato in mattoni rossi a vista in stile neoromanico tedesco. Purtroppo non è visitabile e non si possono vedere i dipinti che rappresentano la leggenda di Manole, nella sala con lo stesso nome e dove una volta si tenevano i consigli della corona quando il re si trovava qui. Durante i comunisti ha funzionato come sala da ballo e dopo il 1990 diventa sala per le riunioni della diocesi di Arges. La pittura è stata realizzata dal fratello dell’architetto, Jean Jules Antoine, e per 40m si vedono le scene della leggenda. La sala ha una lunghezza di 20 m. Oltre alla sala grande ci sono altre due stanze che avevano il ruolo di sala d’attesa e ufficio del re.
La residenza reale ha funzionato fino all’abolizione della monarchia, ma per tutto questo periodo i vescovi di Arges rivendicarono il diritto di utilizzare un’ala del palazzo. Dittatorialmente, il Re Carlo II chiuse il monastero come luogo di culto nel 1939, trasformandolo in proprietà privata assegnando al vescovado un appezzamento di terreno su cui sarebbe stata costruita una nuova cattedrale. È arrivata la guerra, dopo sono arrivati i comunisti, e solo nel 2009 è stata posata la prima pietra di questo luogo.