Chiesa Bogdan Voda
Il villaggio di Cuhea, lungo la valle del fiume Iza, fu ribattezzato nel 1968 con il nome di Bogdan Voda, il principe regnante che fondò lo stato medievale moldavo nel 1359. Lui partì da questo villaggio per attraversare i Carpazi.
Alcuni dei dipinti che adornano l’interno della chiesa dedicata a San Nicola, costruita nel 1718, attingono al metodo tradizionale della pittura su stoffa, mentre altri sono realizzati direttamente su legno.
A differenza delle altre chiese lignee del Maramures, questa si trova nel mezzo del villaggio, non più sopra una collina dominante.
Le pareti sono costruite con travi intagliate, prive di decorazioni, l’unica eccezione essendo la corda intrecciata intagliata, che circonda la chiesa. Le pareti interne furono dipinte nel 1754 su richiesta del nobile fondatore Vasile Sapantan. La chiesa fu dichiarata monumento storico nazionale ma non fa parte delle otto chiese Patrimonio Unesco.
La chiesa lignea edificata nel 1718, sul luogo della vecchia, bruciata dai Tartari nel 1717, è rappresentativa dell’architettura delle chiese lignee del Maramures, per il suo corpo tondo, con un tetto a doppia falda, sorretto da mensole allungate, sotto il quale è presente un rilievo torsionale, che circonda le pareti esterne della parte inferiore.
Il campanile, molto slanciato, ha un belvedere sporgente e un parapetto con assi forati con piccoli e fitti fori, e ai lati, tre archi ingegnosamente uniti, sui quali s’innalza un tetto quadrato alla base, che prosegue diventando ottagonale, per finire con una semplice croce di ferro battuto.
Il portone d’ingresso ha una cornice a forma graffa con una corda attorcigliata discretamente evidenziata, che si collega con la corda intrecciata orizzontale, che abbraccia i muri perimetrali della chiesa, dando unità all’insieme.
Il muro divisorio tra il nartece e la navata presenta tre aperture ognuna chiusa da una grata in ferro battuto, oltre alla porta di passaggio, profilata e dipinta con colori specifici della zona. Si notano le porte reali dell’altare, il trono arcivescovile, il lampadario, le icone di legno e la pittura. Predomina il rosso, il blu e il bianco, evidenziati dai toni dell’ocra, del giallo e del verde, specifici in tutte le chiese lignee del Maramures.
Il ritratto del fondatore e il suo trono sono conservati nella navata della chiesa. L’iscrizione posta sulla cornice del dipinto è scritta con caratteri cirillici, a eccezione dell’anno, in latino “Anno Domini 1754”. Il ritratto è lavorato a tempera e raffigura un personaggio pieno di prestigio, visto di fronte, con le mani protese di lato, gesto tipico del fondatore.
Dei dipinti della volta, della navata si conservano solo le teste degli angeli e alcune stelle. Sulla volta dell’altare è rappresentata la Madre di Dio Platytera (uno dei temi iconografici dell’arte bizantina), che illustra il dogma dell’incarnazione, e sulle pareti due temi complementari, l’Annunciazione (est) e l’Incoronazione della Vergine (ovest). Nell’abside dell’altare è dipinto Gesù-Vite, accanto al Buon Samaritano. L’Arcangelo Michele considerato il “guardiano delle porte” (protettore dei paracadutisti, commercianti, maestri d’arme, poliziotti, speziali, fabbricanti di bilance e schermidori), calpestando il diavolo, è rappresentato su una delle porte reali. Accanto sono rappresentati gli arcidiaconi Stefano e Lorenzo. I tre autori della liturgia (Basilio Magno, Gregorio il Teologo e Giovanni Crisostomo/Boccadoro) non mancano nella teoria tradizionale dei santi gerarchi. Inoltre, si trova il ciclo pittorico delle storie di San Giovanni Battista, legate alla prefigurazione dell’incarnazione e del sacrificio di Gesù. Questa immagine è legata all’officiare nell’altare del rito del “sacrificio dell’agnello mistico”. La presenza di Melchisedek, il re-sacerdote dell’Antico Testamento, è collegata alla prefigurazione del sacrificio eucaristico.
Nella navata, ai piedi della volta, sono raffigurate scene tratte dalla “Genesi”: “La tentazione del serpente” e “La caccia dal Paradiso terrestre”, “Caino uccide Abele”, alle quali si aggiunge la “Lapidazione di Santo Stefano”.
Sui primi due registri delle pareti della navata sono narrati in dettaglio gli episodi della Passioni svolti da nord a sud, e a ovest sono rappresentati gli scenari della “Lavanda dei piedi” e del “Mistero della Cena”, insieme alla “Resurrezione di Lazzaro”. Un tema raro compare sul timpano del muro occidentale: la Vergine Maria, con le mani protese in gesto protettivo verso i suoi genitori, Gioacchino e Anna, accompagnata dai profeti Isaia ed Elia.
Il nartece, il primo ambiente della chiesa, ha un’iconografia molto più ricca del solito. Sul soffitto sono raffigurate scene dell’Antico Testamento. Alle estremità del soffitto compaiono le teste degli angeli e le figure antropomorfe del Sole e della Luna. Il tradizionale Giudizio Universale si svolge sul muro occidentale. Sulla parete orientale, nel registro superiore, compare la Santissima Trinità, con la Madre di Dio e ai lati con i dodici apostoli.
Il Giudizio Universale raffigura al centro, entro una mandorla, Gesù con le vesti della Passione, circondato dalla Madre di Dio e da Giovanni Battista, in Deesis. Su entrambi i lati ci sono angeli e apostoli, che fluttuano sulle nuvole. Sotto appaiono Adamo ed Eva inginocchiati e alla loro destra avviene la Psicostasia (cerimonia dell’antica religione egizia alla quale, secondo il Libro dei morti, era sottoposto il defunto prima di poter accedere all’aldilà, nota come “pesatura del cuore” o “pesatura dell’anima”). Da sinistra inizia il fuoco dell’inferno con la rappresentazione dei dannati e le varie torture alle quali sono sottoposti, secondo il peccato commesso.
L’iconografia del nartece è completata dalla presenza di diverse parabole e miracoli: la domenica della samaritana, la Parabola del seminatore, la guarigione dei ciechi e l’incredulità di Tommaso.
Le iscrizioni delle scene sono scritte in parte in romeno e in parte in cirillico, ma spesso sono indecifrabili.
Il 19 novembre 2013, la Corte Europea dei diritti dell’uomo si è pronunciata a favore della comunità greco-cattolica di Bogdan Voda e ha condannato lo Stato romeno per non aver completato l’esecuzione della sentenza secondo la quale i credenti greco-cattolici possano pregare nella chiesa.
Maramures