Piazza Ovidio
E’ considerata la piazza principale della città, dove possono essere ammirati gli edifici storici tra cui il Museo di Storia Nazionale e di Archeologia. Nella piazza vi sorge la statua del poeta romano Ovidio, esiliato a Tomis dall’Imperatore Adriano, realizzata in bronzo dallo scultore italiano Ettore Ferrari e regalata al Comune di Constanta dal Comune di Sulmona (la città dove nacque il poeta) nel 1887. 40 anni più tardi lo scultore realizzò per la città di Sulmona, luogo di nascita del poeta, la stessa statua. Anche se l’artista avrebbe desiderato una soluzione diversa, in marmo, le richieste delle autorità italiane sono state esaudite con una copia in bronzo della statua di Constanta. Non è la prima statua di Ovidio a Sulmona. La prima risale al XV secolo e si trova nel Museo Civico archeologico Santissima Annunziata.
Ettore Ferrari ha realizzato a Roma la Statua di Giordano Bruno nella piazza Campo de’ Fiori (1889), e quella di Giuseppe Mazzini (1909) vicino a Circo Massimo, a Pisa, la statua di Giuseppe Garibaldi (1892).
Negli anni, la statua fu spostata in vari luoghi nella Piazza e fu anche tolta dal suo basamento nell’intento di essere presa come bottino di guerra da parte dell’esercito bulgaro durante la prima guerra mondiale, però, grazie all’intervento degli ufficiali tedeschi, fu messa al riparo nello scantinato del comune e alla fine delle ostilità, ricollocata sul suo basamento.
Il poeta latino Publius Ovidius Naso nasce il 20 marzo del 43 a.C. a Sulmona da una famiglia facoltosa. A 12 anni si reca a Roma con il fratello Lucio, poi morto prematuramente, per completare gli studi. Fu esiliato nell’anno 8 d.C., al Ponto Eusino, per ordine dell’imperatore Ottaviano Augusto. Nei Tristia, scrive: “Due crimini mi hanno perduto, un carme e un errore:
del secondo debbo tacere le mie colpe”. Anche se l’Imperatore Ottaviano muore nel 14 d.C. imperatore Tiberio mantiene l’ordine di esilio nei suoi confronti. Il 14 dicembre 2017 il Comune di Roma riabilita Ovidio.
La sua opera si divide in tre sezioni: dal 23 a.C. al 2 d.C., dal 2 d.C. all’8 d.C. e l’ultima parte dall’8 d.C. alla sua morte avvenuta probabilmente nel 17 d.C.
Attraverso i suoi poemi del periodo del “relegatio” a Tomi, le Tristia (Tristezze) e poi le Epistulae, il poeta offre delle informazioni interessanti sulla vita e i costumi di queste terre. Se in Tristia critica i Geti descrivendoli come barbari pronti a farsi giustizia da soli e vengono derisi per il loro abbigliamento e costumi nelle Epistole adotta un tono più conciliante nei loro confronti (probabilmente per opportunismo), Ovidio dichiarando di amare gli abitanti di Tomi, e che addirittura la città gli è divenuta cara quanto Delo (isola greca del Mar Egeo) a Latona (personaggio della mitologia greca, figlia dei titani Febe e Ceo). Il suo ultimo desiderio “Qui giaccio io, Nasone, che scherzando, cantai teneri amori e trovai la morte per il mio talento. Non ti sia di peso, o passante, se mi hai amato, dire: le ossa di Nasone abbiano dolce riposo” si trova nei versi lasciati dal poeta per essere incisi sulla sua tomba. Il luogo esatto della sua tomba non si conosce, per cui, i bei versi trovarono il posto sul basamento della statua del grande poeta.
Dobrogea